Qualche anno fa ho cominciato ad avvicinarmi al cinema (quello vero). Fino a quel momento per me tutto era ruotato attorno alla commediola di turno. Un giorno però in quel di Terni, solo e sperduto alla ricerca di qualcosa per passare il tempo, trovandomi in edicola acquistai il DVD di
Dancer in the dark, dove spiccava il ruolo di protagonista dell'eclettica cantautrice/compositrice Bjork di cui avevo già avuto modo di apprezzare i dischi. L'acclamato regista Lars Von Trier, a quel tempo, credevo fosse uno scioglilingua.
In un istante il mio modo di guardare un film è radicalmente mutato.
Mi sono trovato di fronte a un genere che si discostava da tutto quello che avevo imparato a conoscere. Un musical drammatico (più tragedia che dramma, quasi in stile Shakespeariano) che narra la storia di una operaia cecoslovacca emigrata in America con il figlio, con il quale condivide una malattia che la sta portando alla cecità assoluta. Durante la visione lo spettatore è trasportato nella pellicola da fortissime emozioni solidamente accompagnate dalle cullanti musiche della stessa cantautrice islandese che sottolineano le scene dei sogni/visioni della protagonista. Testi di pura poesia, rigorosamente sottotitolati, incorniciano il tutto.
Il coinvolgimento è aiutato anche da un'idea del folle regista di girare quasi tutto il film con la camera a spalla. Effetto straordinario.
Il critico attento potrebbe non gradire la furbata di Lars Von Trier di attribuire alla musica un effetto agghiacciante per sottolineare la drammaticità dei fatti, ma a mio avviso ci riesce benissimo senza farlo pesare troppo.
Vincitore della Palma d'oro a Cannes come miglior film. Per la stessa pellicola Bjork si aggiudica il premio di miglior attrice protagonista.
Toccante.
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